Il mio dobson: breve storia di autocostruzione.

ritratto di Michele Peruzzo

a cura di Michele Peruzzo



Dopo aver fatto la mia "gavetta" con il classico Newton da 114 ed essere passato per l'altrettanto classico Schmidt-Cassegrain da 8", cominciai a focalizzare i miei obiettivi: la fotografia non mi interessava più di tanto ed i pianeti e la luna erano solo il contorno occasionale al mio vero interesse che era l'osservazione visuale del cielo profondo. Ma volevo qualcosa di più dalla mia strumentazione.

Per fare un deciso salto di qualità dovevo puntare tutto sul diametro del mio nuovo strumento ma mi resi però subito conto che questo comportava alcuni problemi:

  • gli ingombri; in casa avrei avuto serie difficoltà a trovare lo spazio per uno strumento a tubo di 30/40 cm di diametro e la sua montatura
  • la trasportabilità; le mie osservazioni non le faccio mai da casa dato che abito in un quartiere di Teolo maledettamente "inquinato" dal punto di vista  luminoso e devo sempre spostarmi
  • i costi; anche per un semplice strumento "commerciale" di questa misura, sarebbero stati molto elevati.

L'unica strada che mi rimaneva era il Dobson, ma non avevo ancora l'idea di costruirmelo.

Questa mi venne quando, vagliando le varie offerte di strumenti nuovi ed usati che si trovano in Internet, parlai con un astrofilo di Brescia, il quale mi mise a conoscenza che dalle nostre parti, in provincia di Padova, abitava un tale che costruiva ottiche. Mi misi in contatto con questo signore, Giacometti Fausto di Tribano, che si dimostrò subito una persona fantastica e che mi stupì, oltre che per la sua disponibilità, anche per la sua inventiva e abilità.

Cominciò così la mia avventura.

Internet è stato di fondamentale importanza. Si trovano decine di siti (purtroppo poco o nulla in Italiano) che trattano l'argomento con progetti e foto molto dettagliati. Facendo un riassunto di tutte queste idee cominciò a nascere il progetto del mio Dobson che doveva rispondere soprattutto alle esigenze di trasportabilità e velocità di assemblaggio.

Sono sincero, l'idea all'inizio mi spaventava un pò. Ero conscio del fatto che la costruzione doveva essere portata avanti con la massima cura e precisione, e non sapevo se le mie competenze tecniche e i miei mezzi sarebbero stati sufficenti per portare a termine degnamente un tale progetto. La mia paura era di "impantanarmi" nell'eseguzione dei vari lavori e di dovere un giorno buttare via tutto fallendo miseramente anche perchè, conoscendomi, sapevo anche che non avrei mai accettato un risultato finale "così così". A volte facevo fatica a prendere sonno la sera passando e ripassando mentalmente le varie fasi della lavorazione, cercando di immaginare gli eventuali problemi e la maniera per risolverli.

Il "parto" è durato più di un anno, gran parte del quale passato aspettando lo specchio che il caro Giacometti mi stava preparando nonostante i suoi mille impegni. Con mio suocero, falegname di vecchio stampo, ho fatto tutta la parte in legno e il mio garage si era trasformato in un'officina meccanica. Ho anche dovuto acquistare dell'attrezzatura indispensabile: maschi e filiere per filettare, una colonna per forare con il trapano e poi frese e punte varie, lime, calibri ecc. ecc..
Le non poche parti metalliche su misura, le ho commissionate ad una officina di tornitura, altre minuterie o boccole varie, le ho invece prelevate dal mio magazzino dove lavoro.

Sono stato anche fortunato a trovare, di seconda mano, il computer per il puntamento passivo della Lumicon "NGC SkyVector", che ho adattato al mio dobson e che funziona perfettamente.
Ora che finalmente l'ho quasi finito e manca solo una bella verniciata di nero opaco, ne sono molto orgoglioso. Si, tutto è perfettibile, ma la soddisfazione di osservare il cielo con uno strumento fatto da se non ha eguali e vedo che è molto apprezzato anche da astrofili più smaliziati di me.

Vorrei anche sfatare il fatto che uno strumento di tale apertura dalle nostre parti non sia sfruttabile, come mi dicevano in molti, necessitando di cieli assolutamente bui.
Forse in parte è vero, ma forse è anche vero che  ".....l'apertura logora chi non ce l'ha....".

Concludendo, vorrei ringraziare Fausto Giacometti per la fattiva collaborazione che è andata ben al di là del normale rapporto cliente-fornitore, aiutandomi con preziosi consigli e fornendomi, oltre allo specchio primario e secondario (tra l'altro ottimamente riusciti) anche altri materiali come i tubi di alluminio, la raggiera porta specchio secondario e il focheggiatore seminuovo.
Inoltre un grazie a mio suocero per il tempo dedicatomi e a mia moglie per la pazienza e la comprensione.

 Dati tecnici:

  •  Schema ottico Newton
  •  D 406mm    
  •  F 1750mm    
  •  f 4,3
  •  Configurazione Dobson a traliccio smontabile
  •  Movimenti su perni di acciaio diam. 20 mm e boccole in nylon
  •  Frizione registrabile su entrambi gli assi con dischi e pattini in Teflon e cuscinetti reggispinta
  •  Computer di puntamento passivo Lumicon NGC SkyVector con encoder ad alta risoluzione
  •  Focheggiatore tipo Crayford da 2"
  •  Cella primario a 18 punti d'appoggio flottanti su piastra registrabile
  •  Cercatore TeleVue Qwik-Point

 Alcune fotografie: (selezionare immagine per ingrandire)

Foto  1 - Il Dobson smontatoFoto  2 - Lo specchio, i morsetti di alluminio per il fissaggio dei tubi e, piu' sotto, le calamite per supportare e bloccare le antine di protezione che si intravedono a destraFoto  3 - Inizia il montaggio con l'inserimento dei tubi, notare l'asola aperta che si forma al vertice dei tubi una volta che questi sono nella loro sede.           Questo mi permette in un attimo e senza l'aiuto di nessuno di fissare la parte porta secondario, che ha dei prigionieri che cadono esattamente dentro le asole.Foto  4 - Si appoggia la parte superiore con il secondario e si fissano i pomelliFoto  5 - In 5 minuti si e' pronti per osservare, qualche minuto in piu' per la collimazione con il laser e per collegare gli encoder del computer per il puntamento assistito.Foto  6 - Non potevano mancare due manici con delle ruote all'estremita' i quali mi permettono di spostare agevolmente il dobson, che non scherza come peso. Foto  7 - D'obbligo pure un telo spesso e nero per limitare le luci parassiteFoto  8 - La parte inferiore con i tre pomoli per la collimazione, sotto al centro il pomolo per regolare la frizione sull'asse di azimuth. Si intravede all'interno del foro centrale della piastra di supporto del primario, uno dei vertici dei 6 triangoli che fungono da base flottante allo specchio.Foto  9 - Il bilanciamento del peso, non e' la parte piu' riuscita di questo strumento. Ho in parte ovviato con un sistema a molle di durezza diversa messe in trazione da un cavo di acciaio opportunamente rinviato da alcune pulegge.Foto 10 - Particolare dello spessore del disco di teflon (la parte bianca) per la frizione sull'asse di altitudine.Foto 11 - La parte "elettronica" con l'encoder dell'asse di altitudine e il computer della Lumicon sul vassoio portaoculari.

luglio 2006

La storia continua su