Eppur si muove! Uno sguardo indiscreto nella vita privata delle stelle

ritratto di g.milani

Introduzione

Il cielo, ad eccezione dei moti della Luna e dei pianeti, ad occhio nudo ci appare sostanzialmente immutabile.
Le costellazioni ritornano fedelmente con il loro aspetto dandoci quella parvenza di eterno ripetersi delle cose che ha affascinato e guidato l’uomo per migliaia di anni. Una garanzia ed un riferimento sicuro e stabile di fronte agli imprevisti e complessità della vita e della natura.

Ma il cielo è davvero così statico o c’è gran vita e movimento nascosti lassù?
Uno sguardo un po’ più attento ci rivela che le cose non stanno proprio come sembra (e gli astronomi lo sanno molto bene!). Ebbene, se andiamo a violare la privacy delle stelle scopriremo che molte si danno davvero un gran da fare e non stanno pigramente a risplendere per miliardi di anni. Si danno alla bella vita danzando, pulsando e sorprendendoci anche con veri effetti speciali e fuochi d’artificio adeguati alle loro dimensioni.

Si tratta del mondo delle stelle variabili, chiamate così appunto perché variano di luminosità, e che ci mostrano come l’Universo sia un luogo in continuo movimento ed evoluzione, anche su tempi scala sorprendentemente rapidi. Di stelle variabili ve ne sono di moltissimi tipi, ciascuna con un proprio carattere. Possiamo avere variazioni lente e pacifiche o anche fenomeni rapidi, o rapidissimi e violenti Possiamo incontrare variazioni dovute a mutue eclissi tra più stelle, oppure improvvise eruzioni, comparsa di enormi macchie sulla superficie, sistemi di stelle doppie che orbitano talmente vicine tra loro da scambiarsi materia dando origine a fenomeni cataclismici che liberano immense quantità di energia. O addirittura stelle che, giunte in fasi critiche della loro vita, esplodono liberando un’energia miliardi di volte superiore a quella di una normale stella. La varietà e i meccanismi che entrano in gioco in questi fenomeni superano spesso la più fervida fantasia e mettono a dura prova gli studiosi che cercano di carpirne i segreti.

Dare una panoramica generale sulle stelle variabili è un’impresa ardua per la vastità dell’argomento, e non è lo scopo di queste pagine. Apriremo solo una finestra per avere un rapido assaggio su di un mondo estremamente affascinante e che vede anche gli astrofili a contribuire sullo studio di questa categoria di oggetti. Le stelle sono moltissime, e di stelle variabili se ne scoprono continuamente di nuove. Ne esistono di tanti tipi e sottotipi, ciascuno con le sue peculiarità. Va da se che il campionario di oggetti è incredibilmente ricco e vario. E con il perfezionamento delle tecniche di osservazione si scoprono sempre cose nuove del tutto inattese. Chi è curioso potrà davvero trovare una fonte infinita di approfondimento e di studio in questo settore.

Osservare e misurare le stelle.

Anche se molte stelle variabili possono essere seguite visualmente, per violare a fondo la loro privacy è conveniente utilizzare la tecnica di ripresa digitale, con camere CCD o anche fotocamere digitali. L’occhio riesce a percepire variazioni superiori al 20-30%, i CCD arrivano ad avere una sensibilità dieci volte maggiore, e con tecniche opportune si riesce ad andare anche al di sotto dell’1%. E’ chiaro che non c’è storia. Con questi accessori anche un piccolo telescopio può andare molto al di là delle possibilità del nostro occhio, che pure è uno strumento di osservazione molto versatile, e potremo sbirciare più a fondo in questo mondo affascinante. Quindi immagini digitali e misure. Saranno proprio i numeri a svelarci qualche segreto delle stelle. D’altra parte le stelle sono talmente lontane che per noi rimangono solamente dei punti luminosi. L’unica chance è analizzarne la luce. La fotometria è appunto il primo approccio per iniziare a penetrare qualche segreto.

Ricordiamo comunque che molte stelle variabili mostrano grandi variazioni di luminosità (anche molte magnitudini) e molte sono anche a portata di binocolo. E’ quindi possibile anche visualmente seguire i cambiamenti esibiti da moltissime stelle variabili, senza la necessità di avere una strumentazione particolarmente sofisticata: un binocolo fissato su di un treppiede è già pienamente sufficiente, ma anche l’osservazione ad occhio nudo ci permette di seguire le variabili più luminose. Non si scoraggi chi ha pochi mezzi: l’uomo ha osservato il cielo solo con gli occhi per migliaia di anni riuscendo comunque a studiare e capire moltissime cose.

Dicevamo che delle stelle dunque si misura la luce, e quindi, la magnitudine. Il sistema delle magnitudini è stato inventato oltre 2000 anni fa da Ipparco il quale, nel suo catalogo, ha suddiviso le stelle osservabili ad occhio nudo in sei classi di luminosità, indicando di prima grandezza quelle più luminose e di sesta quelle al limite di visibilità.

E’ una strana scala in ordine inverso in quanto il valore più basso corrisponde alla luminosità più alta. Anche se non ne poteva essere conscio, la scelta di Ipparco non è stata casuale, ma rispecchia la risposta alla luce del nostro occhio. La scala in magnitudini infatti non è lineare (proporzionale), come non è lineare la risposta del nostro occhio che è di tipo logaritmico. E’ questa particolarità dell’occhio che ci permette di avere una visione nitida in un ampio intervallo di illuminazione, ad esempio pieno sole e ombra.

Una definizione matematica rigorosa della scala delle magnitudini si è avuta però solo nel 1856 quando Pogson ha avuto la giusta intuizione, definendola in modo che un salto di cinque magnitudini corrispondesse esattamente ad una differenza di 100 volte nel flusso luminoso. Un aumento (o diminuzione) di una magnitudine corrisponde invece ad un incremento (o diminuzione) di luce di 2,512 volte (come si diceva l’andamento non è lineare). Indubbiamente la scala in magnitudini non è intuitiva, ma non ci interessa entrare troppo nei dettagli. Ci basti avere un’idea di cosa rappresentano questi numeri.

Nei grafici che vedremo a volte sarà riportata la magnitudine apparente V (sostanzialmente uguale alla magnitudine visuale) e a volte solo la differenza di magnitudine rispetto ad una stella di confronto costante di campo. In questo caso non è data la magnitudine reale della stella. Le date sono riportate nella forma della data giuliana, ovvero il numero di giorni trascorsi dal mezzogiorno di lunedì 1 gennaio 4713 a.C.

Non è sicuramente un sistema intuitivo, ma in astronomia è molto usato perché semplifica moltissimo i calcoli tra le date e il computo degli eventuali periodi. E’ semplice intuire che utilizzare nei calcoli data, ora, minuti, secondi, diventa molto più scomodo e richiede comunque una qualche conversione ad un formato di data più conveniente, nel nostro caso appunto il giorno giuliano.

 

U Geminorum , gennaio 2017

U Geminorum è una stella molto famosa nella costellazione dei Gemelli, visibile durante l’inverno. E’la capostipite di una importante classe di stelle variabili chiamate anche variabili esplosive o cataclismiche, o anche novae ricorrenti. La stella normalmente oscilla intorno alla quattordicesima magnitudine, ma in media ogni cento giorni, ha un improvviso rapidissimo guizzo di splendore e diventa 100 volte più luminosa, portandosi intorno alla magnitudine 9. La permanenza al massimo può durare pochi giorni, o anche una settimana o più, e poi la stella abbastanza rapidamente ritorna al livello iniziale. Nei momenti di massimo è facilmente osservabile visualmente anche con piccoli telescopi.

A fine gennaio 2017 U Geminorum ha mostrato un nuovo evento esplosivo con un massimo abbastanza prolungato, ben illustrato dalla curva di luce tratta dal sito dell’AAVSO.

Fig. 1 la curva di luce di U Geminorum tratta dal sito dell’AAVSO (https://www.aavso.org/)

Nello stesso periodo, approfittando di una serie di belle serate, ho seguito la stella con un piccolo telescopio da 15 cm e un CCD, inizialmente per la curiosità di vedere come si comportava al minimo, ma poi anche sperando di vedere un massimo.



Fig. 2 - La U Geminorum il 3 gennaio al minimo (senza filtri) e il 19 gennaio in fase dimassimo (con filtro G) – telescopio newton da 15 cm + CCD – la differenza relativa tra le due stelle in alto nelle due immagini è dovuta all’uso del filtro nella seconda immagine.

le osservazioni raccolte (fig3) mostrano la stella al minimo intorno alla magnitudine 14 a inizio mese e poi il massimo con il salto che la ha portata circa alla magnitudine 9.5



Fig.3 le magnitudine misurate a gennaio da Padova nelle serate di osservazione dedicate a questa stella. La linea è solo indicativa del comportamento della stella. Telescopio da 15 cm + CCD


Ma se questi grafici mostrano già l’entità dell’evento, una osservazione più dettagliata delle singole serate rivela aspetti ancora più straordinari. Seguendo la stella per alcune ore si scopre infatti che la sua luminosità non è costante ma ha una variazione piuttosto complessa ed enigmatica

U Geminorum non è in realtà una stella singola, ma una coppia di stelle molto vicine tra loro che orbitano attorno al comune baricentro in poco più di quattro ore. La cosa è a dir poco impressionante se immaginiamo due stelle con massa simile al Sole che in poche ore danzano girando una intorno all’altra!

Una stella è una nana bianca, piccola e calda alla superficie, e l’altra è rossa, più fredda e maggiormente espansa, talmente estesa da allungarsi verso la compagna e cederle materiale, del gas che cade formando un disco gassoso intorno alla nana bianca, disco che ruota alla vorticosa velocità di 500 km al secondo (disco di accrescimento).

I processi fisici in gioco sono molto complessi, ma possiamo semplificare dicendo che la stella nana accumula materia (che principalmente sarà idrogeno) dalla stella rossa finché la quantità è tale da generare una situazione di forte instabilità. La stella nana allora si libera del materiale in eccesso con una improvvisa esplosione e lo disperde violentemente verso l’esterno. Il processo esplosivo provoca il repentino aumento di luminosità.

Ma le due stelle anche si eclissano tra loro, e il calo di luce dell’eclissi dovuta alla stella più grande che passa davanti alla piccola, e che dura meno di un’ora, è ben visibile nella figura . La cosa strana è l’andamento serpeggiante della luminosità che si ripete quasi esattamente con un ciclo di 4,2 ore, tanto che sovrapponendo le misure di tre serate l’andamento medio appare ben definito con discordanze minime. Potrebbe non essere così tutte le volte perché queste stelle sono sempre un po’ imprevedibili, ma in media vediamo che funziona.

Fig. 4 Nella figura sono state sovrapposte le osservazioni effettuate il 3, 5 e 6 gennaio 2017, sempre da Padova, rifasandole sul periodo di rivoluzione delle due stelle. La fase, da zero a uno, rapporta tutte le osservazioni al periodo di 4,2452 ore (determinato dalle tre serate di osservazione, contro il valore di 4,2457 dato dalle effemeridi http://www.as.up.krakow.pl - una differenza di soli due secondi). Si delinea bene l’eclisse prodotta dalla stella più grande sulla più piccola, un minimo profondo e stretto. Il largo minimo relativo nella parte iniziale della curva è dovuto alla eclisse parziale del disco di accrescimento. Nel grafico la fase è stata calcolata in via provvisoria dall’istante della prima osservazione e non è riferita all’istante previsto per l’eclisse, come generalmente si usa fare nel settore delle variabili a eclisse.


Questo andamento sulle quattro ore è causato da un preciso punto del disco di gas che ruota intorno alla nana bianca dove cade il materiale proveniente dalla stella rossa. Nel punto di impatto si genera una cosiddetta “macchia calda”, una zona talmente luminosa da dominare le variazioni di luce del sistema! La variazione è dovuta dalla posizione della macchia, e del disco. Vengono infatti anch’essi eclissati dalla stella più grande, ed è proprio l’eclisse della macchia a smorzare la luminosità complessiva che invece raggiunge il massimo quando la macchia calda guarda verso di noi. La macchia non è allineata con i baricentri delle due stelle, ma per gli effetti mareali si trova spostata in avanti, e per questo la variazione non è in fase con l’eclisse della nana bianca.

Fig.5 Una raffigurazione artistica di una variabile cataclismica: “normal star” la stella normale più espansa , “white dwarf” la nana bianca “accretion disk” il disco di accrescimento del gas che cade dalla prima stella, “hot spot” la macchia calda generata dalla caduta del gas sul disco. (K. Smale)

La descrizione fatta è piuttosto schematica ma sufficiente a mostrarci quanto complesse e straordinarie siano queste categorie di stelle e quali strani e impensabili equilibri regolano le loro vita in queste fasi critiche. . E molti dettagli li possiamo leggere proprio nelle curve di luce fatte con modesti mezzi amatoriali!



WZ Sagittae - 2001

Un caso peculiare di variabile di tipo U Geminorum è la WZ Sagittae, che ha la caratteristica di esibirsi più raramente in fenomeni esplosivi. L’ultimo nel 2001. Che si tratti di una stella molto più esagitata è evidente dalla curva di luce fatta il 6 agosto 2001 che ci mostra non solo dei minimi dovuti ad eclissi, come nel caso precedente, ma anche continue fluttuazioni rapide dovute al gas che cade a fiotti sul disco di accrescimento e forse anche a variazioni della stella stessa. Fig. 6 e 7. Come si diceva, ogni stella ha il suo carattere e le sue particolarità. Tutte potranno sempre sorprenderci con comportamenti strani o inattesi se saremo pronti a coglierli.



Fig. 6 le variazioni della variabile WZ Sagittae durante il suo ultimo outburst nel 2001. Osservazioni effettuate da Padova con un telescopio newtoniano da 20 cm e CCD.

 

Fig. 7 -La complessità e rapidità delle variazioni di WZ Sagittae sono ancora più evidenti nelle curve di luce di molti altri osservatori, come ad esempio questa di un osservatore indiano al Dekalb Observatory (http://starkey.ws/WZ_Sge_Page.html)



DY Pegasi 2015-2016

Ci addentriamo qui in una categoria di stelle piuttosto strane: sono variabili pulsanti. Potremmo dire quasi che respirano. Ve ne sono di molti tipi, lente e veloci. Queste sono sorprendenti per la loro rapidità nella pulsazione. Meno famose perché rappresentano una classe ristretta e forse anche perché la capostipite della famiglia è la SX Phenicis, che è situata nella costellazione australe della Fenice, invisibile nel nostro cielo.

Anche in questo caso è incredibile come una stella sia in grado di modificarsi letteralmente sotto i nostri occhi. La DY Peg compie un ciclo di pulsazione in appena un’ora e tre quarti. Pulsando cambia di temperatura alla superficie, ma anche i gas superficiali divengono per questo più o meno opachi. L’insieme di variazione di diametro, temperatura e opacità causa le fluttuazioni di luce che osserviamo, anche di notevole ampiezza su alcune di queste stelle!

Il caso che mostriamo riguarda la DY Pegasi, per noi una comoda stella da osservare nel periodo tra fine estate e inverno . Fig. 8 Le osservazioni fatte il 30 agosto sono state effettuate con due filtri: G ed R (verde e rosso da tricromia). Pur non essendo dei filtri proprio standard per la fotometria ci permettono di apprezzare come la differenza tra verde e rosso al massimo e al minimo sia diversa : circa 0,15 magnitudini al minimo e 0,26 al massimo. Queste differenze nei numeri ci indicano una differenza di colore, più accentuata al massimo e meno al minimo, differenza che indica anche una diversa temperatura. Ecco che vediamo all’opera sul nostro grafico gli effetti della pulsazione!



Fig. 8 – la DY Pegasi osservata da Padova con un telescopio da 10 cm di diametro e CCD.

 

Conclusione

Nel chiudere questo fugace sguardo alla vita privata di tre stelle, sbirciando attraverso il buco della serratura rappresentato dal nostro piccolo telescopio. Come si può intuire da questo piccolo assaggio il campo delle variabili è estremamente ricco. I più curiosi potranno trovare moltissime informazioni in rete su questo argomento. All’ambito delle stelle variabili va segnalato che è correlata anche l’osservazione del lievissimo calo di luce prodotto dai transiti di pianeti orbitanti intorno ad altre stelle. Osservazioni difficili e che richiedono tecniche specifiche, ma è significativo il fatto che il primo transito amatoriale di un pianeta extrasolare sia stato rilevato con un telescopio di soli 10 cm di diametro. Dunque alle varie possibilità osservative si aggiunge anche il fascino di riuscire a vedere, sia pure indirettamente, dei mondi lontanissimi che orbitano intorno ad altre stelle. Sembra fantascienza ma è invece realtà!

Il sito dell’AAVSO (American Association of Variable Star Observers) è il più ricco, con manuali, articoli, cartine, dati osservativi aggiornati, e molto altro.

https://www.aavso.org/

https://it.wikipedia.org/wiki/Stella_variabile

https://it.wikipedia.org/wiki/Nomenclatura_delle_stelle_variabili

http://sintiniobservatory.interfree.it/testi/manualeGRAV.pdf

http://specola.ch/fioravanzo/2013/Axel_Kuhn.pdf

https://stellevariabili.uai.it