Il cannocchiale di Galileo, ovvero le mie celebrazioni galileiane

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a cura di Giannantonio Milani



Il fatto di aver vissuto fin da bambino
a Padova, a poca distanza dai luoghi dove Galileo insegnò ed effettuò le sue prime scoperte astronomiche, ha senz'altro avuto un ruolo importante nel mio interesse per l'astronomia.

Camminando a Padova nei pressi della basilica del Santo o nei dintorni del palazzo del Bo', era difficile non immaginare Galileo, avvolto nel suo mantello, che si aggirava tra gli stessi palazzi.
E proprio dalla sua casa di via
dei Vignali (ora via Galileo Galilei) che quattro scoli fa puntò il cannocchiale verso il cielo e diede avvio all'astronomia moderna.


Il telescopio

Telescopio di Galileo autocostruitoPer celebrare anch'io, a modo mio, Galileo nell'anniversario delle sue scoperte sono andato a cercare tra le lenti che ho raccolto in molti anni di astronomia e di esperimenti, per vedere se ce ne fossero di adatte a costruire una replica del leggendario cannocchiale utilizzato da Galileo.

Ho avuto fortuna: ne ho trovate due sostanzialmente equivalenti a quelle utilizzate per il suo cannocchiale più potente (una lente per l'obbiettivo, biconvessa, con una focale di 1 metro e una piano concava di 4 cm di focale per l'oculare). Procurato un adeguato tubo di cartone, colla, nastro adesivo, forbici, mi sono messo all'opera per realizzare il mio “cannocchiale di Galileo” o “perspicillum” come lo aveva denominato lui.

Non si tratta di una replica fedele, nel senso che il tubo ha un diametro maggiore ed è perfettamente cilindrico, a differenza di quelli costruiti da Galileo assemblando listelli di legno. E anche le lenti, come curvature delle superfici e vetri non sono identiche, ma le focali rispettano fedelmente la configurazione originale. La lente dell'obbiettivo è stata diaframmata a 16 mm come nello strumento originale. Il tubo è stato infine rivestito da copie di scritti di Galileo, per poter avere uno strumento “autografato” dal grande scienziato.

 

La prova suo cielo

Il mio scopo era di soddisfare la curiosità di andare verificare di persona cosa avesse effettivamente visto Galileo nelle sue leggendarie notti di osservazione. Realizzato lo strumento, la prima serata era velata, ma le nubi lasciavano intravedere la Luna che aveva da poco passato il primo quarto. Appoggiandomi alla ringhiera del poggiolo ho quindi traguardato la Luna. La prima sorpresa è stata di trovare una certa difficoltà ad inquadrare il nostro satellite. In ormai moltissimi anni di pratica di astronomia e strumenti, contavo di poterlo fare con relativa semplicità. Ho puntato diverse volte strumenti molto più grandi anche senza cercatore e nelle condizioni più varie. Ma la mancanza di un treppiede ed essere inginocchiato sul pavimento complicava indubbiamente le cose. Ma nelle sue prime osservazioni anche Galileo avrà sicuramente operato allo stesso modo.

Una ulteriore complicazione viene dallo schema ottico del telescopio che attraverso l’oculare inquadra un campo di soli 15' (solo un quarto della Luna inquadrata !).

Dopo aver messo a fuoco ho potuto scorgere abbastanza agevolmente le montagne lunari e diversi crateri. Questo nonostante le forti velature delle nuvole.

Il primo test sul cielo era quindi superato, aspettavo ora serate migliori per avere un'idea più chiara sulle prestazioni del “perspicillum”.

Il secondo test è stato su Venere, oltre che nuovamente sulla Luna, stavolta con cielo sereno. Venere si è rivelato un oggetto difficile e comprendo come mai Galileo sia giunto alla scoperta delle fasi del pianeta solo in un secondo tempo, da Arcetri. La luminosità di Venere rendeva evidenti le frange di diffrazione attorno al dischetto del pianeta, rendendo piu' confusa la visione e la percezione della fase. Inoltre e' risultato evidente che la messa a fuoco con questo strumento è molto critica. A causa della piccola apertura relativa, si può avere l'impressione di essere a fuoco anche quando non ci si trova nella posizione ottimale, e in questo caso, anche se non ce ne rendiamo conto l'immagine appare un po’ meno nitida. Dato che si osservano dettagli al limite delle prestazioni dello strumento, basta poco per peggiorare le cose e perdere dei dettagli preziosi. Osservando con attenzione comunque alla fine la fase di venere si distinguabbastanza bene (eravamo poco oltre il 50 percento di fase). Di sicuro con fase piu' pronunciata, e di conseguenza il pianeta più grande come dimensioni apparenti, la fase diventerebbe evidente al primo colpo d'occhio.

La Luna con un cielo limpido mostra con grande chiarezza crateri e montagne, nessun dubbio sul nostro satellite naturale!

Il terzo test: Giove. Il disco del pianeta si staglia subito sul fondo del cielo, apparendo come una piccola pallina leggermente ovalizzata. Molto meno ovvi i satelliti, inizialmente addirittura invisibili a causa di una non perfetta messa a fuoco. Poi molto chiari.

Questo mi ha fatto riflettere sul perche' diverse persone dell'epoca alle quali Galileo aveva mostrato Giove, non avessero visto i satelliti, negando così l’importante scoperta. Il motivo è probabilmente semplice: le differenze nella vista di ciascuno, e nell'accomodamento della messa a fuoco, avrebbero probabilmente richiesto un accurato rifocheggiamento dell'oculare per ciascuno. Ma non era una operazione semplice per dei profani! E la messa a fuoco per la vista di Galileo non è scontato fosse adatta a tutti gli altri osservatori.

 

Impressioni finali

In definitiva lo strumento ha riservato diverse sorprese:

  • si è rivelato uno strumento di uso non facile, soprattutto per dei profani, ma al primo approccio non banale neppure per me che posso definirmi "esperto", avendo utilizzato una vastissima gamma di strumenti amatoriali e professionali.
  • le soluzioni adottate da Galileo per potenziare i suoi telescopi sono del tutto geniali: diaframmare l'obbiettivo e aumentare la focale per ridurre le aberrazioni sono accorgimenti che altri avrebbero difficilmente preso in considerazione.
  • Galileo è riuscito ad ottenere il massimo delle prestazioni dalle possibilità concesse dall'ottica del suo tempo, mostrando in questo un esempio della sua grandissima genialità.

Osservare attraverso il "perspicillum" è stato come guardare dal minuscolo buco di una serratura, ma lo sguardo attraverso quella microscopica finestra quattro secoli fa ha squarciato il velo del limite imposto dall'osservazione ad occhio nudo, permettendo un balzo in avanti di dimensioni sconvolgenti.
Niente da dire: il cannocchiale di Galileo è stato un vero
rivoluzionario “Hubble Space Telescope”, il massimo concesso dalla tecnologia dell'epoca!

Bravissimo Galileo
!!!!

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